Abuso di potere nel reato di concussione

26 Maggio 2023

Che cos’è e come è punito?

Il reato di concussione è un delitto previsto e punto all’interno del codice penale, nel Libro II, Titolo II intitolato Dei delitti contro la P.A., all’articolo 317. Testualmente l’art. 317 c.p. prevede che “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra pubblica utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

Quando si configura il reato?

Il reato di concussione ex art. 317 c.p. punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che abusi dei suoi poteri o delle sue qualità per costringere taluno a dare o promettere indebitamente a lui o a un terzo denaro o altre utilità. Si tratta di un delitto contro la pubblica amministrazione rimaneggiato dalla legge 69 del 2015, la quale ha circoscritto la punibilità alle sole condotte di costrizione disciplinando la precedente ipotesi di concussione per induzione nel nuovo art. 319-quater c.p. Lo strumento utilizzato dall’agente per compiere il reato si configura nell’abuso di poteri o qualità e può manifestarsi tanto in attività vincolata – concretizzandosi in un mancato compimento di atti dovuti – quanto in attività discrezionale, di più difficile riscontro. Nessun rilievo ha la legittimità o meno dell’atto importando solamente l’abuso.

A tal proposito, per maggiore chiarezza, si richiama una recente pronuncia della Corte di Cassazione penale, sez. VI , 14/09/2020 , n. 33653, per mezzo della quale i giudici del Supremo Consesso hanno statuito che “In tema di concussione, l’abuso costrittivo del pubblico agente non deve necessariamente concretizzarsi in espressioni esplicite, potendo attuarsi anche mediante una minaccia implicita, allusiva, ovvero che abbia assunto forma esortativa o di metafora, purché sia comunque idonea ad incutere nella persona offesa, in relazione alla personalità dell’agente ed alle circostanze del caso concreto, il timore di un danno ingiusto, così coartandone la volontà.

Nel caso di specie, dunque, in applicazione del principio, la Corte ha qualificato come concussione, e non come induzione indebita, la condotta di appartenenti alle forze dell’ordine, i quali, richiamando falsi esposti a carico di un collega, gli prospettavano per implicito che, ove non avesse collaborato alla realizzazione di un furto al caveau della Banca d’Italia, avrebbe subito pregiudizi lavorativi e giudiziari, conseguenze evitabili grazie all’insabbiamento da parte di essi agenti di tali esposti.

Elemento psicologico

Nel delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p., la costrizione, a cui fa espresso riferimento il Legislatore, consiste nel comportamento del pubblico ufficiale che, abusando delle sue funzioni o dei suoi poteri, agisce con modalità o con forme di pressione tali da non lasciare margine alla libertà di autodeterminazione del destinatario della pretesa illecita che, di conseguenza, si determina alla dazione o alla promessa esclusivamente per evitare il danno minacciato.

Tentativo

L’ipotesi di tentativo penalmente rilevante della condotta posta in essere dal soggetto agente è chiaramente disciplinata all’intero del codice penale all’articolo 56. Si ha delitto tentato nel caso in cui il soggetto compia atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto. La disciplina del tentativo prevede uno sconto di pena per colui il quale non realizza appieno la condotta incriminata. Per quanto concerne la compatibilità del tentativo con il reato di concussione ex art. 317 c.p. è pacificamente ammessa. In molteplici occasioni la Corte di Cassazione ha riconosciuto in tema di tentata concussione, che l’idoneità degli atti e la non equivocità degli stessi richiedano la sussistenza di un immediato e specifico nesso funzionale e teleologico tra la condotta del pubblico agente e la pretesa avanzata nei confronti della vittima, volta all’effettuazione di una prestazione, di denaro o altra utilità, da parte del destinatario della condotta medesima o di terzi. (Cfr. ex multis Cassazione penale , sez. VI , 01/12/2020 , n. 8041)

Pene accessorie

Per quanto concerne le pene accessorie queste sono oggetto di specifica disciplina ai sensi dell’articolo 317-bis c.p. Il giudice sarà, pertanto, tenuto a determinare la durata dell’interdizione dai pubblici uffici, in caso di condanna per uno dei delitti di cui all’ art. 317-bis c.p., modulandola in correlazione al disvalore del fatto di reato e alla personalità del responsabile ai sensi dell’art. 133 c.p.

Rapporto con gli altri reati

La distinzione di maggior rilievo è quella delineata tra il delitto di concussione ex art. 317 c.p. e quello di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all’articolo 319-quater c.p.

Le due fattispecie prospettano l’una la costrizione, l’altra la mera induzione.

Pertanto, la Corte di Cassazione sostiene che integra il delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità e non quello di concussione, la condotta del componente di un collegio giudicante che prospetti al ricorrente l’esito sfavorevole del giudizio in caso di mancato pagamento di una somma di danaro, in quanto quest’ultimo, aderendo alla richiesta, non intende evitare un danno, bensì procurarsi un possibile vantaggio e si pone, pertanto, in posizione paritaria rispetto al proponente, senza che si ravvisi nella condotta del primo alcuna costrizione nei confronti del soggetto passivo.

Questione discussa è se la minaccia di esercitare un potere legittimo al fine di conseguire un fine illecito possa costituire abuso di potere. A tal proposito, nonostante vi siano interpretazioni di segno contrario, l’orientamento prevalente riconduce tale ipotesi nell’alveo dell’abuso di potere in quanto violativa dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione (Cass. Pen. Sez. VI, 30.5.2017 n. 35901), ritenendo integrato, invece, il delitto di estorsione aggravata nell’ipotesi in cui l’agente ponga in essere, nei confronti di un privato, una condotta minacciosa diversa da quelle consistenti in un atto del proprio ufficio. In tal caso, infatti, la qualifica di pubblico ufficiale si porrebbe in un rapporto di pura occasionalità e avrebbe la sola funzione di rafforzare la condotta intimidatoria (Cass. Pen. SS.UU., 14.3.2014, n. 12228).